[di Amedeo Tosi • Gennaio 1998] Cuba, 23 dicembre 1997 - 5 gennaio 1998. Tredici giorni nell'isola più famosa e discussa del mondo, patria di Josè Martì, Che Guevara e Fidel Castro. Nell'isola caraibica che si stava preparando ad accogliere il Papa...

VISITA A CUBA

Cuba, 23 dicembre 1997 – 5 gennaio 1998. Tredici giorni nell’isola più famosa e discussa del mondo, patria di Josè Martì, Che Guevara e Fidel Castro. Nell’isola caraibica che si stava preparando ad accogliere il Papa. Non abbiamo né la pretesa né lo spazio per raccontarvi tutto quello che abbiamo ammirato, sentito e capito. Vi offriamo alcune impressioni su tre interessanti e strategici àmbiti: energia, sanità, istruzione. Impressioni colte parlando e confrontandoci con la gente (vera!) incontrata durante un viaggio diverso da quello che in centinaia di migliaia di “yankee” (Bruno Vespa e Fabrizio Del Noce compresi) intraprendono con i bagagli pieni di pregiudizi e dubbie certezze.

Energie rinnovabili: la via cubana
[di Davide Lovato]

Il sole è il motore dei cicli della natura e l’energia che irradia sulla terra è sovrabbondante rispetto alle esigenze di vita del pianeta. Cuba, per la sua posizione e per la sua conformazione geografica, è uniformemente irradiata dai raggi solari e riceve mediamente ogni giorno una quantità di energia pari a mezzo chilogrammo di petrolio per metro quadrato di superficie. Le condizioni ambientali e sociali dell’isola, la nascita, avvenuta nel 1994, di Cuba Solar, associazione non governativa che promuove la cultura del solare, e la volontà del governo e dei vari ministeri, hanno permesso di intraprendere con decisione lo sviluppo delle energie rinnovabili. La consapevolezza che la scelta dell’energia rinnovabile può permettere all’uomo di vivere in equilibrio con la natura, hanno spinto a tal punto la ricerca di fonti alternative da far sì che oggi il 30% dell’energia di Cuba provenga da fonti rinnovabili. La scelta “solare” di Cuba non coinvolge solamente il mondo scientifico ma è fondamentalmente l’impegno di tutti affinché ogni persona abbia garantiti i servizi fondamentali ed uguali possibilità di partecipare alla vita del paese. Con l’energia solare sì è potuto dotare di elettricità anche gli ambulatori medici posti nei villaggi delle zone montagnose, garantendo così il funzionamento delle attrezzature mediche diagnostiche e di un frigorifero per la conservazione dei farmaci. Sono numerose anche le installazioni di mini centrali idroelettriche e di generatori ad energia eolica che, senza causare danni ambientali come le grandi centrali, producono energia elettrica per i villaggi isolati. Grazie a pannelli fotovoltaici ed accumulatori di energia, molti ospedali possono ora garantire i servizi essenziali anche durante i periodi di mancanza di corrente elettrica. La via imboccata da Cuba per quanto riguarda l’energia è assolutamente originale e rivoluzionaria rispetto all’approccio della civiltà dei consumi perchè punta moltissimo sullo sviluppo di una coscienza energetica nel rispetto dell’ambiente. I progetti di ricerca vengono sviluppati parallelamente alla sensibilizzazione di tutta la popolazione sull’importanza di non sprecare energia e su come agire in questa direzione. Il sole, fonte di energia che accarezza con maggiore intensità le regioni del sud del mondo, sembra quasi dimostrare un’attenzione particolare per i paesi più poveri e sfruttati del mondo. I suoi raggi raggiungono persone di tutte le razze e sono un invito alla solidarietà ed alla condivisione. Cuba, accogliendo il suo messaggio, sta sviluppando la via del solare attraverso la condivisione e la partecipazione di tutti e ci permette di fermarci a riflettere su tutte le iniquità causate dalla voracità di energia della civiltà dei consumi: tale cammino è rispetto per l’uomo e per l’ambiente ed è pari dignità tra tutti gli essere umani.

Estudio y trabajo
[di Rosa Pia Bonomi]

La scuola cubana ha pregi e difetti. Tra tutte le scuole latinoamericane per tutti, anche per i più poveri, ha una caratteristica: esiste. Il famoso Padre Varela, del quale Fidel Castro donò un libro al Papa durante la recente visita di quest’ultimo a Cuba, fu anche uno dei fondatori della pedagogia cubana, insieme ad altri illustri pensatori, tra i quali il padre della patria, Josè Martì. La pedagogia cubana ha dunque radici più che centenarie, ed ha un fondamento essenzialmente etico. Padre Varela scrisse: “Bisogna aver perso il giudizio per credersi scusati di non fare il bene, pensando che lo faranno gli altri”. Nonostante il dominio coloniale e neocoloniale, per un secolo crebbe tra gli intellettuali e tra gli insegnanti una “cubanità” colta, che portò alla dichiarazione, nel 1961, di Cuba “Territorio libero dall’analfabetismo”. Naturalmente, lo sforzo finale, la grande aggressione all’analfabetismo iniziò con la rivoluzione, vittoriosa il primo gennaio 1959. Allora, su una popolazione di cinque milioni e mezzo di persone, gli adulti analfabeti erano un milione. Ora o cubani sono 11 milioni e analfabeti non ce ne sono praticamente più. La scuola a Cuba è del tutto gratuita fino alla laurea, ed è obbligatoria dai cinque ai sedici anni d’età, nella quale il ragazzo diventa maggiorenne. Esistono anche gli asili nido, dove i genitori possono portare i bambini da un mese a due anni. C’è il “circolo infantil” che accoglie bimbi da 3 a 4 anni. La prescolare obbligatoria e la primaria elementare accolgono scolari da 5 a 6 e da 7 a 12 anni. I maestri sono tutti laureati. La scuola media va fino ai 15 anni, la pre-universitaria fino ai 18, poi c’è l’università e, per chi vuole, anche un corso postuniversitario per il conseguimento della “licenciatura”. Esistono scuole di tutti i tipi: d’arte, di sport, di scienza. C’è l’università perfino per animatori turistici, dove si insegna di tutto: dalle lingue straniere ai balli caraibici, dalla storia dello spettacolo agli sport acquatici. La frequentano anche gli stranieri, questi però a pagamento. Seguendo la nota teaoria di Josè Martì “estudio y trabajo” (studio e lavoro), approfondita poi da Ernesto Che Guevara, gli studenti vengono educati anche col lavoro. Ci sono poi molte “scuole al campo” medie e superiori (tipo college all’inglese), dove gli studenti vivono insieme, studiano e fanno sport. Ci sono licei preuniversitari e facoltà universitarie serali, gratuiti, per adulti. Cuba ha un insegnante ogni 42 abitanti, rapporto che nessun altro paese del mondo raggiunge. Dice il ministro dell’Educazione: “Quando oggi possiamo proclamare, con orgoglio, che la mortalità infantile a Cuba è del 7,9 per mille nati vivi nel primo anno di vita, senza dubbio ci riferiamo al lavoro serio dei nostri medici e infermieri e all’altissimo livello scientifico delle nostre istituzioni ospedaliere, ma non dobbiamo dimenticare che tutto ciò si deve anche al livello d’istruzione acquisito dalla nostra popolazione, perché in tutte le famiglie si sa cosa fare per evitare una malattia di diarrea acuta, perché non si deve più convincere nessuno a far vaccinare i bambini… I livelli di conoscenza raggiunti dalla nostra popolazione assicurano l’esistenza di una cultura sanitaria di base della famiglia”. E ancora: “Se si vuole sapere perché Cuba, un piccolo paese e con il “blocco” (embargo economico da parte degli U.S.A.) , ha la percentuale più alta di medaglie olimpiche rispetto alla popolazione, il segreto sta nel fatto che tutti i bambini vanno a scuola e lo sport è un diritto di tutti”. Naturalmente, il ventaglio delle opinioni su Cuba è molto ampio, anche per quanto riguarda l’educazione. C’è chi vede tutto positivo e chi invece tutto nero. Per i primi, l’educazione cubana non ha eguali e noi dovremmo imparare. Per gli altri, è una forma di indottrinamento aggressivo, e lo stato strappa i figli alle famiglie e li tiene nei collegi. Io non sto né con gli uni né con gli altri, e nemmeno in mezzo. Sono semplicemente un’insegnante che, dopo un viaggio faticoso e interessantissimo nella Cuba che aspettava il Papa, dopo aver visitato scuole e aver parlato con insegnanti e con ragazzi, cerca risposte alle tante domande rimaste aperte. Posso dire che gli insegnanti che abbiamo incontrato sono persone in gamba, motivati e appassionati. Le giovani maestre della scuola per sordomuti erano commoventi. Abbiamo saputo che tutti i portatori di handicap vanno a scuola e sono seguiti con cura; ce ne siamo resi conto anche incontrando la Direttrice (di colore) di un grande centro per i non vedenti, visitato a l’Avana. Per adesso posso dire che la scuola cubana ha i suoi difetti, soprattutto non è certo “laica”, e nei decenni trascorsi lo è stata anche meno di adesso. Ma rispetto alle scuole per i figli delle classi popolari di ogni altro paese dell’America Latina in cui sono stata, ha una notevole diversità: esiste veramente.

Quella scuola di campagna così aperta e mondiale
[di Rosa Pia Bonomi]

Sarà che quando una è maestra lo è per sempre e dappertutto, sarà che i bambini sono simpatici in ogni angolo del mondo, il fatto è che viaggiando da Matanzas verso l’Avana troviamo una scuoletta di campagna dove vorrei fermarmi almeno una settimana. Ma non solo io: tutta la compagnia italiana improvvisamente invade le aule e il cortile, sorride ai bambini, assedia di domande i maestri, esamina libri e quaderni, fotografa i bambini sorpresi e un po’ sbigottiti, si fa fotografare con scolari e insegnanti. Sorpresa: questa piccola scuola sperduta nella campagna cubana corrisponde epistolarmente con una scuola elementare marchigiana, e non solo si scrivono e si mandano fotografie, ma presto arrivano i genitori degli scolari italiani, a completare il gemellaggio. Quando ero supplente, ho insegnato anch’io in piccole scuole simili a questa, nella campagna veronese. Quelle scuole non ci sono più. I bambini dei piccoli paesi confluiscono nelle scuole più grandi: adesso passano i pullmini a raccoglierli, e nelle scuole “grandi” da un punto di vista didattico non manca niente e non ci sono pluriclassi. E però meno male che a Cuba le piccole scuole di campagna ci sono. In molti paesi latinoamericani e del Sud del mondo in generale, per i bambini del popolo non c’è niente di simile né in campagna né in città. I libri che vediamo sui banchi non sono certo nuovi e pieni di immagini a colori (l’embargo si fa sentire anche sul versante carta, molto difficile da reperire, ndr.) ma le operazioni e il tema scritti sulle lavagne dicono che questa non è una scuola per modo di dire. Dobbiamo ammettere che molti dei nostri ragazzi di quinta di fronte a questi compiti sarebbero nei pasticci. Naturalmente, non possiamo essere sicuri che tutto “vada bene”. Che ne sarà, ci si chiede, dell’educazione aperta e critica? Non ci sarà una specie di “ora di religione” per allevare tutti fedeli seguaci di Fidel? E d’altra parte, quanto è stata praticata da noi, in cinquant’anni, l’educazione alla capacità critica e aperta al futuro? Intanto possiamo visitare una scuola, ospiti inattesi. Ci ha introdotti l’autista del pullman, e i maestri ci accolgono senza chiedere il permesso a nessuno. Rispondono tranquillamente alle nostre domande. Invadiamo per qualche ora la scuola e guardiamo tutto quello che vogliamo, mandando al diavolo il programma della giornata. Evidentemente i maestri ritengono che questo contatto con gli stranieri sia una lezione molto importante. E i maestri e i genitori ritengono importante l’amicizia con una scuola di un paese lontano, in questo caso l’Italia. Questi, almeno, non sono sintomi di chiusura e indottrinamento ma buoni, anche se piccoli, segnali di apertura e “mondialità”.

A Cuba: star bene per imparare, imparare per star bene
[di Luciana Gonzato]

Il servizio sanitario a Cuba è per tutti i cubani totalmente gratuito: visite, cure, ospedali, compresi trapianti di organi, chirurgia estetica, protesi varie, e tutti i tipi di indagini diagnostiche. I cubani pagano solo le medicine, ma con una cifra simbolica. Il principio base della sanità è la prevenzione. In vista del conseguimento di questo obiettivo, educazione e sanità, al primo posto nella politica del governo rivoluzionario cubano, hanno strettamente proceduto collegate, sulla base di un concetto fondamentale: la persona è una, di essa dev’essere curato contestualmente l’aspetto fisico e quello intellettuale. Da questo principio discende l’altro: senza istruzione non è possibile la prevenzione, che è invece la prima forma di difesa della salute, intesa come stato di benessere psicofisico e relazionale di ciascuna persona. Oggi la sanità cubana dispone di vari istituti di ricerca scientifica che hanno scoperto e producono vaccini e farmaci, alcuni dei quali unici al mondo (ad esempio il PPG contro il colesterolo), di scuole di specializzazione medico chirurgica d’avanguardia, di oltre 700 tra cliniche specialistiche e ospedali, diffusi capillarmente in tutto il territorio dell’isola. Ma i due cardini su cui poggia il servizio sanitario sono: la Scuola e il Medico di Famiglia. Nelle scuole cubane sono presenti oltre 2000 medici e 3500 infermieri (tutti con laurea in infermeria, una specie delle nostre lauree brevi) per sviluppare programmi di prevenzione delle malattie e di educazione igienico-sanitaria in genere. Esistono inoltre bene attrezzati centri di accoglienza, cura, educazione e sostegno ai bambini con gravi handicap (quelli meno gravi si inseriscono, come da noi, nei normali corsi scolastici) e alle loro famiglie. Nel nostro viaggio ne abbiamo visto uno per ragazzi sordomuti e uno per nonvedenti; in entrambi i casi abbiamo parlato con insegnanti e direttori che ci sono parsi non solo molto motivati e spesso coinvolti affettivamente, ma anche molto ben preparati. La figura del medico di famiglia è decisamente fondamentale: potremmo davvero dire “fulcro” del servizio sanitario. Egli, coadiuvato da un’infermiera, è presente anche nei paesini più sperduti della Sierra maestra. Medico e infermiera devono risiedere sul posto e prestano la loro attività ambulatoriale nelle “villette della salute”, che sono dotate anche di un minimo di apparecchiatura per analisi, radiografie, servizio ostetrico, dentistico… Devono inoltre andare settimanalmente in tutte le famiglie loro assegnate per controllare lo stato di salute, e/o per insegnare come prevenire disturbi, come alimentarsi e curarsi, specie con prodotti naturali rintracciabili sul posto. Insomma il medico di famiglia fa l’educatore di salute e, visitando così frequentemente le famiglie, è in grado di scoprire precocemente l’insorgenza di malattie gravi, eventuali deficit fisici da trattare nelle opportune sedi. Mentre ascoltavo queste notizie dalla viva voce dei medici, mi è venuto da chiedermi quante (poche!) risorse s’investono in Italia per la prevenzione ed il servizio sul territorio. Nel nostro “giro” abbiamo visitato anche il policlinico “Cojimar” nel municipio de L’Avana est, e lì abbiamo parlato a lungo con tre chirurghi che svolgono da alcuni anni il servizio di Day Hospital chirurgico in tutta la gamma, con la consulenza e l’ausilio dei vari specialisti presenti nei reparti. Ce ne hanno parlato con entusiasmo, come di un’innovazione veramente molto efficace per il paziente ed economico per lo stato, lamentando però la difficoltà di contatti e scambi di informazioni, farmaci e tecnologie, dovute al blocco imposto dagli USA anche all’Organizzazione Mondiale della Sanità. Cercheremo di tenerci in contatto. Alcuni dati: 1) la popolazione cubana, secondo statistiche dell’ONU, è mediamente la più sana del mondo; 2) l’aspettativa di vita sfiora gli 80 anni; 3)la mortalità infantile è al 9,4 per 1000 nati vivi (cft. Unicef 1994), mentre negli altri Paesi dell’America latina va da un massimo dell’87 per 1000 di Haiti a un minimo di 14 per mille in Costa Rica. In Italia è all’8 per 1000. Certo tutto questo costa, anche in “libertà di scelta”: medici ed infermieri sono obbligati a svolgere il loro servizio dove li assegna lo Stato, che del resto li ha fatti laureare gratis. E proprio per garantire il servizio sanitario a tutti.


Questi articoli sono stati pubblicati sul numero di Gennaio/Febbraio 1998 del giornale «il GRILLO parlante».