[C.R. • Marzo 1998] Il ricordo corre al pomeriggio del 22 aprile 1993, al porto di Molfetta, gremito come uno stadio. É l'addio a don Tonino, vescovo di Molfetta, uomo di pace, morto a cinquantotto anni. Un funerale sul mare, un molo che diventa la navata di una grandiosa cattedrale all'aperto. E una folla straripante tutt'attorno. Si è mai visto un congedo così per un vescovo?...

DON TONINO BELLO/3: 22 APRILE 1993, PORTO DI MOLFETTA: IL RICORDO DELL’ULTIMO SALUTO

Il ricordo corre al pomeriggio del 22 aprile 1993, al porto di Molfetta, gremito come uno stadio. É l’addio a don Tonino, vescovo di Molfetta, uomo di pace, morto a cinquantotto anni. Un funerale sul mare, un molo che diventa la navata di una grandiosa cattedrale all’aperto. E una folla straripante tutt’attorno. Si è mai visto un congedo così per un vescovo? Sono oltre cinquantamila persone stipate dietro le transenne, strette alle finestre dei balconi, in piedi lungo la strada, per dare l’ultimo saluto a un uomo di Chiesa che ha saputo toccare il cuore del popolo e conquistare la fiducia dei semplici. Per dire addio a don Tonino sono giunti da tutta Italia, laici e religiosi, giovani e anziani, gente di ogni condizione ed età; quelli che lo hanno avuto come compagno nella marcia a Sarajevo e quelli che lo hanno conosciuto in tanti convegni e manifestazioni; gli obiettori di coscienza che lo hanno sentito come “uno di loro”, che lo ricordano come animatore instancabile delle loro iniziative (…)
C’è in quella folla la gente di tutti i giorni, i pescatori del porto e l’umanità semplice dei vicoli, i terzomondiali e i reietti della città che Tonino considerava i suoi migliori amici, gli sfrattati che hanno conosciuto la sua generosità in episcopio in giorni ormai lontani. Ci sono sicuramente, fra i visi anonimi affacciati da ore lungo il percorso, in attesa del passaggio del corteo, gli eroi delle quotidiane parabole di don Tonino, protagonisti e destinatari sconosciuti dei suoi racconti e delle sue lettere: il fratello marocchino, Gennaro l’ubriaco, Giuseppe l’avanzo di galera, Mohamed il diverso, Maria la pecorella smarrita, Marcello il randagio dei marciapiedi, Alfonso il disoccupato, Antonio il pescatore solitario. Si ritrovano tutti lì, in corpo o in spirito, per l’ultimo saluto al fratello vescovo che li ha compresi e aiutati (…)
Sopra la bara un vangelo aperto dispiega le sue pagine leggere alla brezza del mare. Quasi un segno, una sintesi di una vita, tutta vissuta nella luce della Parola e conclusa come un luminoso poema… (c.r.)


Questo articolo è stato pubblicato sul numero di Marzo/Aprile 1998 del giornale «il GRILLO parlante».